il Venerdì, supplemento de La Repubblica, venerdì 2 marzo 2012
Don Patagonia, il mito. Quel prete coraggio che sognò Chatwin.
di Gianluca Favetto
Il vecchio allunga lo sguardo fuori dalla finestra e contempla le montagne. E’ tornato in patria ma ha lasciato la sua casa dall’altra parte dell’oceano. Il filo d’aria che gli carezza il viso è un corteo di memorie: il Balmaceda, il Paine, il Cerro Torre, il Fitz Roy, il monte Sarmiento col suo cappello di nubi che si vede fin dallo stretto di Magellano, e poi gli uomini, indigeni e peones, estancieros e avventurieri, un po’ Robinson Crusoe e un po’ Sundance Kid, e le donne abituate a partorire da sole, e gli specialisti che castrano gli agnelli con i denti, i cervi e i guanachi, le pecore, la pampa, le capanne di faggi, la valle delle piogge eterne, le distese di ghiaccio, il terribile vento, e quella notte in cui stava per morire inchiodato su una parete a strapiombo...
Ciascun nome, ciascuna immagine, ciascuna avventura è una storia che vale il racconto. Messi insieme, uno in fila all’altro, restituiscono le esperienze di un uomo di fede e di scienza, di missione e cultura. Riassumono la vita di un salesiano che ha esplorato la fine del mondo. Il suo nome è Alberto Maria De Agostini, 1883-1960, fratello minore di Giovanni che fondò l’Istituto Geografico De Agostini di Novara.
Ordinato sacerdote nel 1909, partito per il Sudamerica nel 1910, dal 1912 per più di quarant’anni esplora quel vasto territorio più a sud di qualsiasi sud che si incunea fra Atlantico e Pacifico, là dove si incontrano Cile e Argentina, dove la Patagonia diventa Terra del Fuoco, giù giù oltre Punta Arenas e Ushuaia. Traccia mappe, disegna carte geografice, scatta foto e gira documentari, redige diari e scrive libri, si occupa di botanica e antropologia, dice messa e scala montagne.
A cent’anni dal primo viaggio di don Patagonia, Laura Pariani, autrice di Patagonia Blues e La valle delle donne lupo, recupera questa figura di prete alla Bruce Chatwin che preferiva la giubba da scalata alpinistica all’abito talare. Ne segue le tracce, pedina i suoi diari, entra nelle sue storie e le restituisce in un volumetto di settanta pagine edito da Interlinea: Le montagne di don Patagonia, 12 euro. Arricchito da venti fotografie, tratte dalla collezione del Museo della Montagna “Duca degli Abruzzi” di Torino, il libro è un album di ricordi. E’ la fine del mondo che arriva a casa tua. Una collana di storie fatta di luoghi, persone, meraviglie. E pur nella crudezza, nel racconto di esistenze tragiche e spietate, restituisce un senso di pace, di grandiosità immacolata. La fine del mondo, dice, non è la fine del tempo.