Recensioni di
Che Guevara aveva un gallo
Corriere di Novara, 5 novembre 2016
Nel paese in cui c’è posto per tutti i sogni
di Maria Antonietta Trupia
Attraverso un tragitto concreto ed allo stesso tempo immaginifico e metaforico, la ricerca di un senso e di una domanda etica che investe le circostanze concrete del viaggio contingente, offrendo spunti storico, politico e sociali di ampio respiro temporale che si riferiscono non solo al luogo di ambientazione della vicenda, “malinconici ‘posti morti’ - si legge nella presentazione - dove ‘le meraviglie dei sogni e le miserie della realtà’ hanno urtato tra loro”. In prima nazionale ad Orta San Giulio domani, domenica 6 novembre, alle ore 15 al Palazzotto, nell’ambito della rassegna letteraria “Ort’Autori”, l’attesa presentazione del volume “Che Guevara aveva un gallo” di Laura Pariani e Nicola Fantini (Sellerio), in libreria dal 27 ottobre. Un’opera in forma di avventura “sotto la minaccia di un occulto occhio scrutatore” che si propone come “un’intensa indagine morale nella storia di un paese appartato e ignoto che offre l'immagine frantumata dei nostri tempi” e che risente fortemente di un’atmosfera letteraria ispirata alla terra sudamericana, cara agli scrittori. Protagonisti del testo Beppe e Mirella Isnaghi (reduci da letture salgariane sul Paraguay, tra selve, indios spietati e complotti politici) partono, per ricongiungersi al figlio Adriano impegnato in scavi archeologici nelle antiche reducciones dei Gesuiti, per quello che appare loro “il paese in cui c’è posto per tutti i sogni”, nell’immensa impenetrabilità di un territorio “una volta vergine di selve umide... meta di irregolari, pionieri, sognatori di mondi alternativi”. Al suo ultimo domicilio, però, il figlio della coppia pare non essere conosciuto quindi, per i genitori, prende avvio una ricerca verso antiche colonizzazioni inghiottite dalla selva, accompagnati da un’abilissima guardia del corpo in una progressiva identificazione con una natura implacabile e una storia crudele. Tra i riferimenti le libere repubbliche di selvaggi; i Guaraní e la loro ricerca della Terra senza Male; la Nuova Russia dei protestanti Mennoniti; la Trinacria degli emigranti siciliani; la Nuova Adelaide degli australiani; la città della purezza genetica degli ariani e tutti gli Eden falliti dei cercatori di Eldoradi fino all’attualità della terra stanca dello sfruttamento, stanca dei cadaveri di mille guerre, combattute dalle multinazionali e dai latifondisti contro la ribellione campesina. Laura Pariani (che esordì in narrativa con “Di corno e d’oro” nel 1993 e che ha all’attivo opere di narrativa, teatrali, oltre che storie a fumetti e grafiche ed è tradotta in varie lingue) scrive questo testo a quattro mani con Nicola Fantini (traduttore e scrittore, con esperienze nel campo del reportage). I due autori firmarono, per Sellerio (2014), anche “Nostra Signora degli scorpioni”.
La Stampa, Tuttolibri, 7 gennaio 2017
Quarant'anni di nozze nella selva del Paraguay
di Bruno Quaranta
È una filastrocca la nuova avventura alla «fine del mondo» di Laura Pariani (e Nicola Fantini). Una seria filastrocca (riecheggiante l'infantile cantilena da cui il titolo, Che Guevara aveva un gallo), quale tocca in sorte ai coniugi Isnaghi, Mirella e Beppe.
Laura Pariani, al secondo libro in tandem con Nicola Fantini, dopo Nostra Signora degli scorpioni, ambientato a Orta, obbedisce al richiamo sudamericano così suo, così onorato, in vita e sulla pagina, da Quando Dio ballava il tango a Questo viaggio chiamavamo amore, seguendo Dino Campana in Argentina.
Con gli Isnaghi a festeggiare quarant'anni di matrimonio in Paraguay, riandando a questa e a quella figura epica. Dai coniugi Gibella di Achille Giovanni Cagna, in umoristica vacanza sulla riviera del lago d'Orta (una sicura nota umoristica risuona in Che Guevara aveva un gallo), a, varcato l'oceano, calatisi nel Paese che «ha accolto ogni tipo di sognatori», Heriberto Herrera, già allenatore della Juventus, profeta del «movimiento», a Saint-Exupéry, in visita ad Asunción per organizzare la rete di aviazione postale sudamericana, a Emilio Salgari, ovvero II tesoro del presidente del Paraguay.
In viaggio, gii Isnaghi, veterocomunista goffo lui, pasionaria ad honorem lei, nella memoria di giovenili cortei, occupazioni, slogan. Verso un relax che tale non sarà, due settimane sul filo dell’ansia (e qua e là dell'angoscia), innnazitutto per il figlio Adriano, archeologo nelle reducciones dei Gesuiti, braccato dai trafficanti d'opere d'arte che non ha esitato ad osteggiare.
Di mistero in mistero, a cominciare da Invención, la guida, «trecciona-bionda», forse complice dei guerriglieri che combattono i latifondisti, forse guerrigliera lei stessa, nome di battaglia El Jaguar, magari discendente per i versi di William Blake, The Tiger, ad ora incerta ritrovati in un foglio piegato in quattro...
Che Guevara aveva un gallo è tessuto con il filo, privilegiato, della lingua. A spiccare il milanese - Milano, la città degli Isnaghi - e più in generale l’alfabeto lombardo come passepartout. Sin dai primi passi, là dove, a sedurre, sono «le stelline sbarluscénte», rievocanti la porta dei sogni «tutta sbarluscenta d'oro» che si apre in Di corno o d'oro, i racconti d'esordio (e mirabili) di Laura Pariani, correva il 1993.
A dispiegarsi, in Che Guevara, è la verità che brilla in una Nota azzurra di Carlo Dossi, fra i «maggiori» di Laura Pariani: «Noi milanesi pensando alle parole troviamo i pensieri». Cogitano, gli Isnaghi, a bordo della jeep, sulle secolari piaghe del Paraguay, fra le selve oscure dell'universo mondo, quindi da attraversare (anche) con sensibilità dantesca (il giaguaro che faceva venire in mentea Mirella la ferocia della lonza «a la gaietta pelle»).
Ma Laura Pariani e Nicola Fantini l'amaro non lo esplorano con gli inchiostri della politica e della sociologia, la bussola della letteratura, sicuramente posseduta, impedisce loro di deragliare. Sanno«mettere la vita in un romanzo. Compito febbrile, ricerca inquieta. Tessere storie. Essere l'occhio che guarda e controlla, la mano che muove la spola tra le parole».
L'Avvenire, 13 gennaio 2017
Fantini e Pariani nel Paraguay dei misteri
di Fulvio Panzeri
Dopo Nostra Signora degli scorpioni (2014), Nicola Fantini e Laura Pariani, confermano la perfetta intesa narrativa con un romanzo che trae la sua forza dal fatto di unire due prospettive, dell'invenzione e del diario di viaggio, in una riflessione sui temi posti ai personaggi nel corso della loro avventura, che ha un andamento tragicomico di particolare impatto espressivo, soprattutto nel confronto con un Paese poco conosciuto, qual è il Paraguay. Lo sottolineano gli stessi autori nella nota finale, facendo riferimento a una preghiera pronunciata da Papa Francesco nel suo viaggio ad Asunción nel 2015 e che non ha avuto grande eco mediatico: «Di quello che succede in questo paese si parla poco e in genere si sa poco. Ancor meno sulla forte ma
trice cattolica delle lotte in questa parte del mondo», scrivono Fantini e Pariani.
I protagonisti del romanzo sono una coppia milanese, Beppe e Mirella Isnaghi, che per il quarantesimo anniversario di nozze, decidono di regalarsi un viaggio in Paraguay, dove il figlio Adriano è impegnato in scavi archeologici nelle antiche reducciones dei gesuiti. Partono con la memoria di certi miti sudamericani della loro giovinezza, legati all’impegno politico, ma fin da subito quello che avrebbe dovuto essere un viaggio tranquillo e rigenerante si dimostra un’avventura ricca di colpi di scena, degno di un romanzo salgariano. Non trovano il figlio all’indirizzo che è stato loro indicato e grazie all’aiuto di una guida assai singolare, Invención, una bella e intraprendente ragazza del posto, iniziano un viaggio di ricerca, all’insegna di un altro riferimento letterario, (il Graham Greene, di In viaggio con la zia). Il percorso si conclude ad Asunción, «tra pratiche di corruzione, soprusi del Partito Colorado e traffici illegali di ogni tipo». Seguendo le tracce del figlio scomparso, inizieranno a conoscere quello che la loro guida definisce «il paese delle contraddizioni», aggiungendo: «Qui le parole, e non solo le parole, sono ambigue. Qui niente è quel che sembra Siamo il paese del contrario di tutto».
Fantini e Pariani ci aiutano a scoprire qualcosa di più di questa terra, mentre la nostra coppia italiana insegue il suo misterioso obiettivo, nella volontà di «mettere la vita in un romanzo [...] essere l’occhio che guarda e controlla, la mano che muove la spola trale parole». Ciò che incontriamo così sono storie di ricordi, ma anche «storie minime come una baracca col tetto di lamiera e sterminate come latifondi», «racconti di ribellione campesina», «storie barbare di guerre fratricide, tentativi di risposta umanaaunasituazione coloniale caotica». Tutto per riportare a quel «conflitto tra le meraviglie del sogno e le miserie della realtà» cui allude il titolo, riecheggiando un film dei fratelli Taviani, un conflitto che ha caratterizzato le comunità che hanno cercato, senza trovarlo, in questa terra, l’Eden promesso, la Terra senza Male del popolo errante guaraní.