La Macchina Tigre

in libreria dal 21 marzo 2018

La Macchina Tigre

con Laura Pariani, Milano, Pelledoca Editore, marzo 2018, pp. 144

 

Muoviti, Didi: chiedi aiuto alla
Macchina Tigre! Eggià. Per fortuna poteva contare sui suoi consigli. Azionò il pulsante. Ci fu il solito breve ronzio. Al buio gli parve perfino che la Macchina, quasi per lo sforzo, emanasse un debole chiarore fantasmatico.
Poi, dopo un intervallo di pochi secondi, i minuscoli ingranaggi disegnarono il messaggio sulla striscia di carta con il rumore di un esercito di tarli.
Eccolo!

 

 

 

RISVOLTO DI COPERTINA

Didi ha 12 anni, è irrequieto e solitario.
Da quando vive con la zia Betta ha pochi
ricordi della madre, ma sono ciò a
cui tiene di più. Non ha amici e appena
può scappa nel bosco. È lì e sulle pendici
della montagna che domina il paese
in cui vive che ha costruito i suoi nascondigli,
luoghi remoti, quasi impossibili
da raggiungere. Ci ha portato provviste,
libri e tutta una serie di congegni
meccanici con cui costruirà la “macchina
tigre”. Perché Didi sogna di prevedere
gli avvenimenti futuri e quella macchina
lo aiuterà a farlo. Ma la macchina
tigre riuscirà a proteggerlo dall’arrivo
del Monaco Nero e da quell’uomo mai
visto che dicono sia suo padre? A Didi
non resta che scappare, ancora una volta
in uno dei suoi nascondigli.Il più pericoloso
da raggiungere: il Nascondiglio
Innominato.


DAL PRIMO CAPITOLO

 

La virtù segreta dei pipistrelli


Quel che esce dalle budella del Pip non mente mai!
L’evidenza era ovvia, di un rigore assolutamente scientifico come il calcolo dell’area del quadrato o lo sputare sangue quando ci avevi la tibicì. Che ci provasse qualcuno a smentirlo: se non era vero, allora perché adesso lui si ritrovava con la guancia sinistra in fiamme, dove c’era il segno dello sberlone che la zia Betta gli aveva mollato? «Domani sarà una giornata merdosa.» Questo stava scritto nelle cacchette rossoviola e nel mollicciume spuzzolente che il pipistrello Pip aveva lasciato in bella evidenza sul pavimento del Nascondiglio Numero Tre: la forma inconfondibile del Peloponneso, così come sta sul manuale di storia, che è praticamente una gran manona rivolta verso il basso.