Alla guerra si deve contrapporre tutta l’umanitàdi
Giulio Seniga
La vita e l'opera, quasi
sconosciute, di Gianni Bosio uomo di cultura e militante socialista,
sono illustrate in un libro raro e prezioso, che un editore generoso
come Gianluigi Arcari di Mantova ed un curatore certosino e valoroso
come il Cesare Bermani, hanno dato alle stampe, con la collaborazione
della Lega di cultura di Piadena (in provincia di Cremona) «nel
nome di Gianni Bosio». Avevo promesso una recensione
al libro e per ciò avevo contratto un debito ideale verso Bosio ed i
suoi compagni della Lega di Piadena, che spero di poter onorare
qui, scrivendo alcune righe in memoria del nostro conterraneo (anche
Bosio era della Bassa Lombardia), prematuramente scomparso ne11971,
undici anni or sono. La coincidenza di questa «recensione» con l'anniversario delle giornate dell'8 settembre
1943, non è «puramente casuale»
ma
è volutamente ricercata, in quanto Gianni Bosio, studente non ancora
ventenne, fu allora tra i protagonisti di quelle giornate confuse, buie
e balorde che, se da una parte fecero toccare il fondo all'italica
tragedia fatta di guerra, di fascio e di sfascio, dall'altra segnarono
l'inizio della Resistenza armata e della rinascita di un popolo, non
vinto né vile, che ha portato il Paese a svincolarsi dai ceppi della
guerra nazifascista e ad operare per il cocente traguardo della
liberazione nazionale, che fu raggiunto nelle ardenti giornate del 25
aprile 1945. Dal
nonno, Arnaldo Lutero Bosio, che aveva attinto orientamento politico
dalle Memorie di Giuseppe Garibaldi, e dal padre, Lorenzo Barbato
Bosio, fabbro, di sentimenti socialisti, il giovane Bosio deve avere
ricevuto il plasma per la sua crescita culturale e politica che lo portò
conseguentemente alle prime ribellioni giovanili. «Era
affabile, cordiale, amico di tutti, ma servo di nessuno. Era
contrario ad ogni imposizione e ad ogni tradizione. Ragion per cui -
come bene osserva il suo coetaneo Maurizio Del Ton -.Gianni Bosio non ha
mai fatto il premilitare». Ed era già un buon segno di antifascismo
operante. Era
un ragazzo dall'intelligenza notevolissima, e aveva una cultura non solo
scolastica ma umana... Leggeva Croce ma anche Jack Lonidon («Il tallone
di ferro» ) ed Elio Vittorini («Conversazioni in Sicilia»)... Bosio
era più maturo della sua età... Perché lui diceva: voi siete qui a
parlare di cultura e letteratura quando c'è il problema
dell'analfabetismo...», spiegano nelle loro fresche testimonianze i
suoi amici studenti, Panigada, Borri, Sorti, Zanga e la Mariolina
Vailati. Ma Bosio aveva anche una
particolare sensibilità che lo portava a captare i racconti. in
diretta, fatti dai nostri soldati rientrati. per la licenza, dai fronti
di guerra. sulle drammatiche condizioni dei nostri alpini e dei nostri
fanti dotati di armi vecchie, con le scarpe di cartone e coi tedeschi («alleati»)
che, nel corso della ritirata dal fronte russo, picchiavano con le
baionette sulle mani gelate dei soldati italiani che cercavano di
aggrapparsi alle sponde dei camions germanici. Ed è attraverso tutta
un'infinità di episodi che, come un film, passavano e si fissavano
nella mente e nel cuore del giovane Bosio, che si è creata e maturata,
precocemente, la sua fede di militante socialista. «La
letteratura che conta -diceva sovente -non è che un insieme di
testimonianze... Alla guerra s'ha da contrapporre l’ uomo. L’uomo è
la battaglia e la battaglia è nulla: essa è in quanto rivive
nel’uomo. E la battaglia sono le battaglie, poiché l’uomo sono gli
uomini, milioni di uomini che l'hanno vissuta, ognuno a suo modo…». Ecco, in queste brevi linee
profonde ed unanissime c'è il cuore del libro che attraverso una scelta
illuminata di testi e testimonianze (G. B., Scritti dal 1942
al 1948, pagg. 200, Lire 12.000) racconta la vicenda politica e
culturale di Gianni Bosio: un intellettuale genuino (non «organico»)
di notevole spessore, un attivista indefesso del movimento operaio
democratico, unitario e di classe, la cui sensibilità si rispecchia nel
suo modo di essere e di comportarsi, coi compagni e con la gente, sempre
improntato ad esemplare modestia e discrezione, che colpivano
favorevolmente e finanche disarmavano l'interlocutore che a lui si
rivolgeva. Questo è Bosio: un uomo, un compagno, che ho i imparato a
conoscere ed a stimare, seppur da contrastanti angolazioni, al principio
degli anni Cinquanta quand'egli, tra non poche difficoltà, aiutato da
Giovanni Pirelli e da Gioietta Dallò, dava avvio alla rifondazione,
delle Edizioni Avanti!, che tra le varie perle annoverano
la pubblicazione del Garibaldi di Pietro Nenni, scritto a Parigi
negli anni Trenta. Ma
non si può parlare dell'opera di Bosio senza accennare al gruppo dei
maestri da cui egli trasse ispirazione: Pisacane, Marx, Babeuf,
Buonarroti, Bernstein, Liebknecht, Luxemburg, ma anche John Reed,
Vittorini, Concetto Marchesi, Meneghetti, Mazzali e, certamente, Basso.
Tutti uomini contro, classisti e revisionisti, rivoluzionari e
gradualisti, alla cui scuola Bosio si è formato lasciando dietro di sé
un patrimonio di cultura sociale, che i compagni, liberi e indipendenti
dai basti degli apparati burocratici di Stato e di partito, penso
sapranno custodire e portare avanti, come Gianni Bosio avrebbe
desiderato. Per concludere, mi piace
annotare che nel libro sono riportati, integralmente, due articoli , che
Bosio aveva scritto per l’Avanti! del 19-20 giugno 1948,dal
significativo e, per me, quasi emblematico
titolo: «La questione ebraica e il problema palestinese». Come si
vede, profonde sono le radici di un problema sempre attuale: la ricerca
assillante della pace e della distensione tra arabi ed ebrei, nel
rispetto della libertà, della dignità e della sicurezza di tutti i
popoli della regione mediorientale. |