Suore capellone contro i
bolscevichi
Leggende e premonizioni della grande
guerra
di Oreste Del Buono e Giorgio Boatti
«Anno
nuovo delle mie brame /cosa nascondi nel tuo reame?»: solitamente chi
pone al futuro questo genere di domande sa benissimo che non esiste
risposta possibile se non nell'ineluttabile srotolarsi dei giorni che
verranno, E a esser saggi, si dovrebbe vivere accettando che «a ogni
giorno basta il suo affanno».
Ma, come si sa, saggi non è facile esserlo e così - soprattutto in
tempi affannosi - non sono mai mancate premonizioni e voci che cercano
di acchiappare il futuro e portarlo nel presente, plasmandolo di tragica
e allarmata concretezza. Lo storico Cesare Bermani, in «Spegni la luce
che passa Pippo» - libro di grande intelligenza e spessore culturale -
raccoglie leggende contemporanee e le sottopone ad una riflessione densa
di importanti implicazioni. Giustamente non le chiama «metropolitane»
perché, da rigoroso storico, le vuole calare nei precisi contesti di
tempo e di luogo da cui provengono. Bermani vuole cogliere - attorno ad
ognuna di esse - più che la connotazione salottiera o da bar, (storie
da scambiarsi in un tam-tam apparentemente tanto svagato quanto
rivelatore, in realtà, delle più segrete inquietudini collettive) la
specifica capacità «terapeutica». Vale a dire l'essere, queste voci e
premonizioni su un futuro - quasi sempre minaccioso - incombente sul
presente, «modalità sociali di adattamento ad una realtà negativa,
istigatrici dunque -come scrive Bermani - di azioni preventive e
imitative».
Vittorio Emanuele Orlando, politico di prim’ordine nel captare gli
umori della gente, sul finire del primo conflitto mondiale, mobilitò
tutti gli organismi dello Stato per fronteggiare il diffondersi di voci
e premonizioni, spesso accompagnate da apparizioni sacre, che incidevano
in modo assolutamente pericoloso sul morale della popolazione sottoposta
ai sacrifici e ai lutti della «grande guerra».
I casi citati da Bermani e fissati nelle carte degli archivi degli
Interni e delle Forze Armate sono svariatissimi. A pochi mesi dalla fine
della guerra, per esempio, le monache del convento di Porta Salaria a
Roma passano voce che finito il conflitto scoppierà una sanguinosa
rivoluzione. Bolscevica, ovviamente. E così non solo diffondono questo
timoroso presagio alle donne che frequentano il loro monastero ma a
questa voce aggiungono un comportamento concreto che la rende ancora più
concreta: «Le suddette monache -si scrive in un memoriale delle forze
dell'ordine -hanno aggiunto che in previsione di questo avvenimento esse
hanno ricevuto l'ordine di lasciarsi crescere fin d'ora i capelli, allo
scopo di potersi più facilmente travestire al momento opportuno, ed
hanno richiesto alle anzidette signore, se nelle loro abitazioni
avrebbero potuto avere all'occasione qualche stanza per rifugiarsi».
Altra minaccia emergente da queste premonizioni che prendono corpo
durante il primo conflitto mondiale è una prossima invasione dalla
Svizzera: «Corre voce -scrive nel dicembre del 1916 il prefetto di
Sondrio -che la Valtellina dovrà essere sgombrata dalla popolazione
civile, ritenendosi sicura un'invasione tedesca attraverso la
Svizzera...
Si afferma anzi che a Torino stanno già costruendo i ricoveri per
accogliere questa popolazione...».
Come si sa attorno a questo scenario che non prese mai corpo
(l'invasione austro-germanica che punta direttamente su Milano), lo
scrittore Guido Morselli scrisse il romanzo «Contro- passato prossimo»..
assai godibile soprattutto nella prima parte in cui delinea la
preparazione dell'inaspettato colpo di mano da parte dell'imperial-regio
stato maggiore austriaco. Certo sarebbe interessante sapere se
nell'ambiente familiare di Morselli (nato nel 1912 e che dunque
difficilmente può aver captato direttamente queste fosche paure)
qualcuno colse e magari gli riportò più tardi queste «voci» dalle
quali con geniale rielaborazione, fa poi nascere la sua creazione
letteraria.
Comunque qualcuno seppe utilizzare, se non in modo creativo, certamente
in modo utilitaristico il diffondersi di queste voci visto che i
rapporti di polizia segnalano come commercianti di bestiame soprattutto
provenienti da Correggio (Reggio Emilia) abbiano approfittato panico
creato da questi scenari per acquistare in Valtellina maiali
all'ingrosso. Pagandoli a Lire 1 ,90 al chilo quando invece il prezzo di
mercato era di Lire 2,40. Anche rispetto al secondo conflitto mondiale
non mancano di certo documenti significativi relativi a premonizioni e
voci che si diffondono nel Paese e vengono monitorate dalle forze
dell'ordine e dalla censura militare con crescente preoccupazione visto
che riguardano dapprima l'entrata in guerra e, appena iniziate le
operazioni belliche, l'esito nefasto della stessa per l'Italia e per il
regime fascista.
Il fenomeno delle «voci di guerra» non è certo specifico dell'Italia
di questo periodo. Uno storico come Marc Bloch, dopo la sua esperienza
militare nella «grande guerra» vi si è soffermato
sin dal 1921 («Reflexions d'un historien sur les fausses nouvelles de
guerre»).
Anche un altro studioso di grande acutezza come Paul Fussel «Tempo di
guerra. Psicologia, emozioni e cultura nella seconda guerra mondiale».
Ma se si fa rotta sull'Italia a cavallo dell'entrata in guerra voluta da
Mussolini impressiona la mole di documenti che -attingendo a chissà
quali forze premonitorie o forse solo al più concreto buon senso
-evocano i più foschi scenari. Tra i documenti più strabilianti sono
le lettere indirizzate a Mussolini da una donna milanese, che si firma
«Serva di Dio». Né i servizi di investigazione ne la polizia politica
del tempo riescono a dare nome all'anonima scrivente che si rivolge al
Duce invocando, supplicando, presagendo, minacciando.
La donna dà inizio alla sua ultima lettera, riportata nel volume «Caro
Duce» , nell'ottobre del 1939 mentre in tutta Europa si alzano i
bagliori della guerra voluta da Hitler. Pagina dopo pagina, in un testo
che si fa sempre più ampio, indica gli scenari di distruzione che
s'approssimano e insiste ossessivamente perché Mussolini lasci il
potere e fugga immediatamente da Roma e dalle responsabilità che stanno
inchiodarlo ad un destino infame, La fatica della «serva di Dio» si
protrae per nove mesi. Il pomeriggio del 10 giugno 1940 la lunga lettera
giunge a conclusione. Viene terminata e spedita a Palazzo Venezia. Alle
ore 17 dello stesso giorno Mussolini annuncia l' entrata in guerra.
Tutte le più fosche previsioni della «serva di Dio» si faranno, in
breve tempo, realtà.
(“Tuttolibri”,
n. 1141, p. 2 in «La Stampa», Torino, 31 dicembre 1998)
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