di Gianni Lucini Da qualche mese la gradevole collana di Elleu dedicata alle canzoni che sono state la colonna sonora di generazioni si è arricchita di un titolo inaspettato. Accanto ai Nirvana, a Bob Marley, a Carosone e ai Pink Floyd è arrivata "L'internazionale" in un prezioso volumetto dal titolo Non più servi, non più signori (Elleu, pp. 120, euro 9,00). Nato dalla facile penna di Cesare Bermani, amante oltre che studioso della musica popolare, si legge come un romanzo ricco di tensione narrativa, anche perché non è un saggio nella accezione che comunemente si dà a questo termine. La rigorosa ricostruzione del ricercatore si accompagna al gusto del racconto. "L'Internazionale" diventa così una sorta di punto di riferimento intorno al quale si muovono personaggi, episodi, aneddoti e vicende storiche tratteggiati con il piglio descrittivo dei cartelloni illustrati dei cantastorie e il rigore del ricercatore culturale. Bermani è uno storico. Non è né un critico né un contemplatore astratto della forma letteraria. Per questa ragione le vicende relative alla compilazione del testo, della scrittura melodica e della diffusione di un canto destinato a resistere alle offese del tempo e all'oblio si intersecano con la ricostruzione attenta delle epoche, delle speranze, delle vittorie, delle sconfitte e delle stesse storie di vita dei protagonisti. Ci si emoziona di fronte alle vicissitudini di Eugène Edme Pottier, il lavoratore poeta cui dobbiamo il testo originario francese e, a volte, si finisce per sorridere di fronte ai meschini tentativi di sottrarre a Pierre Degeyter la primogenitura della scrittura musicale. Bermani accompagna il lettore nelle fortune e nelle sfortune del canto dalla prima diffusione limitata al territorio francese, al suo ingresso trionfale nei congressi socialisti e operai di tutto il mondo fino alla sua consacrazione, dopo la Rivoluzione d' ottobre, quale inno della neonata Unione delle repubbliche socialiste sovietiche. Momenti di gloria e periodi di apparente declino si alternano attraversando, oltre alle vicende del movimento operaio, anarchico, socialista e comunista, anche la vita di grandi protagonisti della musica e della cultura. Un intero capitolo è dedicato all'amore di Arturo Toscanini per quelle note tanto da introdurle in una sua personalissima rielaborazione del verdiano "Inno delle nazioni". Un altro alla contrastata vicenda della versione riscritta da Franco Fortini, bocciata e corretta da Lotta continua e finita per lungo tempo nel dimenticatoio tanto che solo negli ultimi anni è stata registrata su disco da Ivan Della Mea. Tra le "nuove" versioni c'è anche spazio per un testo scritto da Fausto Amodei, l'autore di "Per i morti di Reggio Emilia”, che viene giustamente definito da Bermani come «...la traduzione più fedele al testo di Pottier mai fatta nel nostro paese». Il lungo viaggio sulle onde della canzone termina con una chiusa finale che non cela un sottile pessimismo. partendo considerazione che "L'Internazionale" «...negli ultimi due decenni del secolo (il novecento), con l'affievolirsi della lotta proletaria e il verificarsi di cambiamenti epocali, è stata assai meno cantata...» conclude riflettendo: « ...risorgerà dalle ceneri di una storia operaia forse definitivamente chiusa? Difficile dirlo. Ma in qualunque storia del Novecento sarà impossibile dimenticarla. Quando non si canterà più del tutto e sarà definitivamente consegnata al passato si potrà dire che si è chiusa un' epoca». Per l'amicizia e la stima che nutriamo per Cesare Bermani ci permettiamo di non essere in sintonia con il pessimismo finale senza per questo cambiare di una virgola il giudizio positivo sul lavoro. A voler cercare il pelo nell'uovo nel volumetto manca ancora un capitolo, forse poco interessante dal punto di vista storico, ma determinante se si vuole ragionare sul destino futuro de "L'Internazionale". E' il rapporto con le altre forme dell'arte e della musica popolare, a partire soprattutto dal rock, costellato da episodi interessanti non solo dal punto artistico. E' forse in questo rapporto che il canto di Degeyter negli ultimi anni ha cominciato a trovare nuove scintille d'immortalità. In fondo se le sue inconfondibili note sono riuscite a caratterizzare all'inizio degli anni Ottanta la Notte degli Oscar in cui Warren Beatty è stato premiato per il suo "Reds", quel vecchio canto può ancora riservarci qualche sorpresa. («Liberazione», Roma, 22 settembre 2005)
Un intrigo molto “Internazionale” di Quirino Principe Nell'asperrimo film La ville est tranquille (1999-2001) di Robert Guédiguian appare un generoso tassista marsigliese che sa cantare “L'Internazionale” in «tutte» le lingue (egli sostiene: in realtà, alla stranita cliente che egli traghetta gratis da una rovente umiliazione pubblica allo squallore domestico l'uomo canta l'inno in francese, inglese, italiano, tedesco e non più).la sceneggiatura del film lascia intuire che la proletaria specializzazione poetico-musicale non porta fortuna al tassista, uomo iellatissimo nel lavoro e nel privato. Sarà forse, “l'Internazionale”, una seconda “Paloma”? (« Il Sole-24 ore», Torino, 10 luglio 2005) |