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UNA STORIA ORALE. Il de Martino di Cesare Bermani

Ci sono stagioni della nostra cultura recente cui è impossibile accostarsi senza implicazioni personali. Come rammemora la chiusa di una favoletta a noi contemporanea: al comune degli uomini, e dei ciriegi, il pensiero di giovinezza è rimpianto, Giovinezza può anche indicare una stagione in cui la passione politica si esprimeva cantando, per serate intere, i canti del lavoro, riproducendo la voce delle classi subalterne, così come udita nei piccoli dischi del Sole. È certo il rimpianto - per più seria ragione - uno dei sentimenti con cui a me occorre di dar conto di un importante contributo alla conoscenza dell'esperienza intellettuale di Ernesto de Martino, che è prodotto del lavoro collettivo dell'Istituto che all'antropologo napoletano è intitolato e che ha sede a Sesto Fiorentino1. Il numero è dedicato alla memoria di Franco Coggiola, presidente dell'Istituto, morto ad Asti il 7 maggio del 1996. Coggiola è stato uno dei protagonisti della vicenda che, dalla stagione del Nuovo Canzoniere Italiano, è giunta fino al presente tenendo viva l'attenzione ai temi della cultura popolare italiana, con un lavoro oscuro e tenace di raccolta e registrazione di canti, testi e testimonianze che hanno costituito, accanto a poche altre raccolte pubbliche, un patrimonio insostituibile per la nostra memoria collettiva. Chi ha conosciuto Coggiola, anche in modo fugace, non fatica a comprendere la decisione con cui i suoi compagni di lavoro hanno vitalmente trasferito nella realizzazione del comune impegno l'elaborazione dei sentimenti di dolore che la scomparsa dell'amico ha loro provocato.

L 'istituto Ernesto de Martino arriva ad occuparsi del suo eroe eponimo dopo cinque anni (e quattro numeri della rivista) dedicati a diverse questioni2. Il nuovo numero monografico pubblica in copertina una lista di quattordici autori ma appare singolarmente compatto e unitario nella concezione e nella realizzazione. Con il titolo Le date di una vita Cesare Bermani ha costruito una serrata e intensa biografia demartiniana intorno ai cui dati ruotano gli snodi che costituiscono le dieci sezioni di Testi, documenti e testimonianze in cui il discorso è articolato. L'insieme costi- tuisce un raro esempio di storia che può dirsi, per più di una ragione, orale. Già la ricostruzione biografica rinuncia ad ogni appesantimento bibliografico, schiva la pedanteria delle note, e pur non si limita nell'esprimere o nel riferire giudizi. Le luci e le ombre che sono in questa, come in ogni altra vicenda umana, paiono intensificate, come nei quadri di un pittore sensibile, dalle intenzioni dell'interprete, che con esse esprime innanzi tutto se stesso. Bermani ci propone la sua lettura della totalità demartiniana con enfasi ovvia sulle parti di questa che meglio sollecitano la sua sensibilità. Ricercatore appassionato, privilegia coerentemente le testimonianze e quindi tra queste le trascrizioni di colloqui, ma non disdegna i testi che anzi pubblica con abbondanza per quelle parti dell'opera demartiniana che meno conoscevamo. Piuttosto che fermarci su quel che può mancare o non riceve luce sufficiente in una simile ricostruzione, vediamo subito quel che c'è di nuovo e d'importante.

A giusto titolo, Ernesto de Martino è considerato uno dei padri fondatori della etnologia del sud del nostro paese, Non c'è certo bisogno di ricordare qui i suoi libri importanti e i suoi articoli pieni di passione civile e di impegno teoretico. I recenti lavori di Clara Gallini e della sua scuola intorno ai materiali d'archivio hanno appena cominciato a mostrare la profondità delle radici di quei lavori e di quell'impegno3, Ora Il de Martino di Bermani ci proietta in prima evidenza un diverso oggetto, geografico e culturale, dell'impegno demartiniano e ce ne fa intendere per la prima volta la coerenza. Più di metà della rivista è infatti dedicata alla ricostruzione dei percorsi demartiniani in Romagna che partono da un non casuale soggiorno, a partire dal 1943, a Cotignola, il comune ravennate in cui erano le radici della suocera Rosita Parra, moglie dell'archeologo e storico delle religioni Vittorio Macchioro. Sul carattere antieroico, pateticamente esistenziale dell'esperienza della partecipazione di de Martino alla guerra di liberazione, con ruoli minori e di propaganda, al passaggio della guerra sul fronte del Senio, già si addensavano testimonianze importanti4 che bilanciavano utilmente il quadro autoapologetico, riflesso diretto della rielaborazione demartiniana, che è possibile leggere nei bei ricordi di Placido Cherchi che dipendono dal rapporto con il de Martino finale dell'insegnamento cagliaritano. Nessuno aveva tuttavia mostrato con tanta chiarezza la continuità, che ora appare ovvia, tra i contatti stabiliti e le esperienze vissute negli anni della guerra e gli interventi demartiniani sul terreno del folklore progressivo romagnolo ed emiliano. Mai avevamo potuto verificare l'intensità del lavoro di ricerca svolto personalmente o promosso dall'antropologo napoletano in una terra tanto lontana e diversa dalla sua. L'organizzatore culturale che viaggia nella campagna ravennate e promuove raccolta e registrazione di canti popolari, presiede e giudica concorsi di poesia estemporanea dialettale è la metamorfosi liberata dell'intellettuale, uno sfollato senza scarpe, con abiti laceri e coscienza inquieta, combattuto da sentimenti contrastanti di paura per sé e di angoscia per i suoi, che non riesce a valicare il ponte -reale e simbolico - sotto la minaccia dei bombardamenti, così come leggiamo nel racconto de I trenta di Masiera che de Martino pubblica nel 1946 e che non è possibile rileggere senza emozione6. Così gli scritti carichi di ideologia che scandiscono gli anni di attesa della pubblicazione de Il Mondo magico, già scritto come atto liberatorio di uscita dalla guerra (in questo ha davvero ragione Cherchi!} trovano una sistemazione teorica tranquillizzante nell'alveo gramsciano, nell'identificazione anche teorica degli studi folklorici come terreno di sintesi tra cultura e politica, ma si attuano secondo pratiche non banali nella ricerca su Il folklore progressivo emiliano. La trascrizione della conversazioni di Coggiola e Bermani a Ravenna con Giuseppe Pescarini e Carola Fabbri e quella assai lunga con Giovannino Brandolini (del quale si pubblicano anche gli appunti relativi a una ricerca condotta con de Martino nel ravennate tra il 1951 e il 1952) mostra il carattere non episodico di quella esperienza. Giustamente Bermani ne ha fatto oggetto di una specifica riflessione che si potrà anche rileggere negli atti del convegno napoletano dedicato a de Martino nella cultura europea7. Desidero aggiungere che la lettura di questo notevole materiale permette di comprendere meglio la collocazione demartiniana nel dibattito del 1954 su Storia e folklore, ove la sua posizione appare oggi ulteriormente sprovincializzata, consapevole di un problema di reale cultura nazionale e non meramente ideologica, rispetto a quelle che gli si opponevano.

Credo a questo punto di poter concludere, semplicemente accennando all'esistenza di rubriche che precedono questo nucleo principale e di una che conclude su La fine del mondo, rubriche di cui la rivista e il suo curatore hanno evidentemente sentito il bisogno per evitare l'impressione di una colpevole disattenzione. La luce della ricerca e dei suoi frutti è tuttavia - se non mi disorienta disinformazione o ignoranza, sempre possibili - là dove l'ho indicata ed è luce nuova e vera.

(Pubblicato in "Ossimori. Periodico di antropologia e scienze umane", n. 9-10, 1997-1998 pp. 145-146).

 

1 Tra furore e valore: Ernesto de Martino, ne "II de Mattino. Bollettino dell'Istituto Ernesto de Mattino per la conoscenza critica e la presenza alternativa del mondo popolare e proletario" 5-6, 1996, pp. 192. Si può richiedere presso la sede dell'Istituto, via degli Scardassieri 47, 50019 Sesto Fiorentino (FI).

2 Il primo numero (1992) era dedicato sostanzialmente al seminario "Attualità di Gianni Bosio"; il secondo (1993) a "Immigrazione, leghismi e razzismo differenzialista"; il terzo (1994) a "Rileggere Gramsci"; il quarto (1995) a "'La meta che non so': Franco Fortini".

3 E. DE MARTINO, Note di campo. SpedIzione in Lucania. 30 sett.-31 ott. 1952, a cura di C. GALLINI, Lecce, Argo 1995; ID. L 'opera cui lavoro. Apparato critico e documentario alla "Spedizione etnologica" in Lucania, a cura di C. GALLINI, Lecce, Argo 1996.

4 Cfr. A BELLETTI, Ernesto de Martino a Cotignola (fronte del Senio), in "Etnosisterni. Processi e dinamiche culturali", N. 3,1996, pp. 79-83.

5 P. CHERCHI, Il Signore del limite, Napoli 1994, segnatamente pp. 26-33.

6 In "Socialismo" a. II, n.9-10 settembre-ottobre 1946, pp. 256-258. = Il de Martino 5-6, pp. 62-72.

7 [Ernesto de Martino nella cultura europea, a cura di C. GALLINI e M. MASSENZIO, Napoli 1998 pp. 361-378].

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