1922: la battaglia
di Novara di
Piero Melograni Verso la metà del
1922, pochi mesi prinma della «marcia su Roma», il fascismo cominciava
a sentirsi isolato. Gran parte dell’opinione pubblica borghese
criticava ormai i metodi dello squadrismo, anche perché il «bolscevismo»
faceva meno paura di prima. Sembrava che stesse per costituirsi un
governo di coalizione capace di assicurare la difesa delle istituzioni
democratiche. Ma molto spesso i movimenti eversivi si fasnno più
termerari proprio nel momento in cui, dopo un periodo di costante
ascesa, avvertono d’improvviso i sintomi del declino. Fu quel che
accadde allo squadrismo nell’estate 1922. Di fronte alla minaccia
dell’isolamento e della sconfitta le squadre mobilitarono le loro
forze in molte regioni italiane, dalle Puglie alla Lombardia, dalle
Marche al Piemonte. Cesare Bermani, un
giovane scrittore novarese, descrive in un volume di recente
pubblicazione, i tragici avvenimenti svoltisi nella sua città: La
battaglia di Novara (9 luglio-24 luglio 1922), occasione mancata della
riscossa proletarian e antifascista (introduzione di Alfonso
Leonetti, Edizioni Sapere, Milano, 348 pagine, 2.900 lire). Gli
incidenti ebbero inizio quando un contadino fascista fu ucciso a colpi
di rivoltella da alcuni avversari politici. I fascisti reagirono
immediatamente facendo giungere squadre dalla Lomellina e dall’Emilia. La «battaglia»,
nella città e nella provincia, durò due settimane e si concluse con
una disfatta dei partiti di sinistra. Si contarono undici morti: otto
fra gli appartenenti alle organizzazioni proletarie e tre fra i
fascisti. Quaranta municipi amministrati dalle sinistre furono invasi e
le sedi di molte associazioni operaie furono distrutte. La provincia di
Novara era una provincia «rossa», nella quale, alle elezioni del 1921,
le sinisttre avevano raccolto il cinquantaquattro per cento dei voti: i
fascisti, colpendo Novara, colpivano il «triangolo industriale» e si
assicuravano una importante base strategica al suo interno in previsione
dei futuri avvenimenti. Come ha scritto Alfonso leonetti
nell’introduzione al volume: Ciò che avvenne a Novara può
considerarsi come una vera «pre-marcia su Roma». Bermani ha
ricostruito i fatti utilizzando in modo massiccio igiornali del tempo.
Purtroppo non ha condotto indagini archivistiche (e lui stesso ha voluto
scusarsene con i lettori), ma ha avuto il merito di servirsi con abilità
di una fonte documentaria troppo spesso trascurata dagli studiosi: le
testimonianze orali di coloro i quali assistettero agli avvenimenti ed a
volte ne furono i protagonisti. L’autore ha
registrato su nastro e pubblicato alcuni efficacissimi racconti di
contadini novaresi che si esprimono con molta vivacità nel loro
dialetto (ma viene fornita al lettore anche la traduzuione in lingua). Il libro intende
ribadiere la tesi secondo la quale, nelluglio 1922, i partiti
antifascisti avrebbero ancora fatto in tempo a rovesciare la situazione
in loro favore. Ma essi ebbero invece il torto di lasciare esaurire gli
scioperi regionali di protesta (come ad esempio quello degli operai
novaresi), senza coordinarli immediatamente con un ampio movimento di
resistenza nazionale. Già Angelo Tasca, alcuni anni or sono, scrisse
che lo sciopero legalitario antifascista del 31 luglio fu proclamato
dieci giorni troppo tardi. |